Microcircuito corticale motorio umano nella neurodegenerazione

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 27 giugno 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La corteccia motoria umana ha rivelato in molte malattie neurodegenerative una vulnerabilità selettiva, che è stata oggetto di numerosi studi e ha di recente attratto l’attenzione sulla peculiarità strutturale della sua costituzione istologica come microcircuito verticale. Un aspetto di particolare rilievo in questo campo della ricerca è dato dalla recente possibilità di superare il limite dello studio comparato – che ordinariamente costringe a inferenze ed estensioni dei risultati ottenuti sui roditori – grazie alla disponibilità di nuove tecniche di neuroimmagine a risoluzione ultra-elevata (UHRNT, da ultra-high resolution neuroimaging techniques) che possono applicarsi per uno studio morfo-funzionale diretto del nostro cervello in funzione.

La corteccia cerebrale dei lobi frontali è corteccia motoria nel senso più generale ed estensivo del termine, in quanto supporta le azioni dell’organismo e le operazioni cognitive automatiche di tipo esecutivo necessarie all’esecuzione di movimenti intenzionali e piani di azioni finalizzate.

Le aree della corteccia frontale, come del resto le aree corticali posteriori prevalentemente recettive, sono organizzate gerarchicamente lungo gradienti connettivi ed ontogenetici. Al livello più basso della gerarchia per la rappresentazione e l’elaborazione dell’azione vi è la corteccia motoria primaria. Al livello gerarchico immediatamente superiore vi sono le aree premotorie 6a e 6b, e le aree motorie supplementari, sopra queste si collocano le aree laterali della corteccia prefrontale. Anche le memorie motorie sono organizzate secondo un criterio gerarchico – come le memorie percettive – e sono rappresentate in maniera ordinata secondo i livelli che abbiamo descritto in termini morfologici. Allo stesso modo l’elaborazione dell’informazione avviene seguendo la gerarchia morfo-funzionale indicata. L’esecuzione di azioni consiste in gran parte nel recupero (richiamo) di memorie motorie, ossia nella riattivazione di reti esecutive (o cognits) del lobo frontale, e nel ruolo di preparazione dell’apparato motorio per la loro espressione esecutiva attuale.

Funzionalmente, il flusso di elaborazione dell’informazione motoria corticale, secondo l’organizzazione gerarchica, segue la direzione opposta del flusso della corteccia percettiva: se nella corteccia sensoriale va dall’area somestesica primaria alle aree associative, nella corteccia motoria va dai territori corticali di associazione alle aree motorie primarie.

A questo livello di analisi macroscopica della neurofisiologia della corteccia motoria, che indaga il ruolo delle connessioni con le altre aree e regioni del sistema nervoso centrale, si deve aggiungere lo studio microscopico locale che chiarisce le basi dell’elaborazione motoria specifica e può orientare la comprensione delle ragioni cellulari e molecolari della vulnerabilità selettiva.

La corteccia motoria umana è costituita da un microcircuito composto da 5 strati interconnessi, caratterizzati da tipi differenti di cellule. Peter McColgan e colleghi hanno impiegato, per interpretare tutti dati emersi dalla ricerca recente, due approcci: uno strato-specifico, l’altro cellula-specifico.

(McColgan P., et al. The human motor cortex microcircuit: insight for neurodegenerative disease. Nature Reviews Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41583-020-0315-1, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Huntington’s Disease Research Centre, UCL Institute of Neurology, University College London, London (Regno Unito); Dementia Research Institute at UCL, London (Regno Unito); Wellcome Centre for Human Neuroimaging, UCL Institute of Neurology, University College London, London (Regno Unito); UCL Institute of Cognitive Neuroscience, University College London, London (Regno Unito).

I sistemi di neuroni che grazie alla giunzione neuromuscolare consentono lo spostamento automatico e intenzionale dei segmenti corporei hanno il loro livello più elevato di integrazione nella corteccia dei lobi frontali, dove avviene l’elaborazione e il controllo di tutti i processi necessari al movimento. L’espressione corteccia prefrontale, usata anticamente nelle descrizioni anatomiche per indicare la regione del pallio sita subito prima dell’osso frontale, è lessicalmente scorretta per l’uso improprio del prefisso pre, in quanto di fatto denomina tutta la corteccia del lobo; tuttavia, consacrata dall’uso, l’espressione prefrontal cortex è conservata da Joaquin M. Fuster quale titolo della pubblicazione da decenni considerata il riferimento principale sull’argomento in tutto il mondo[1]. D’altra parte, altre due definizioni frequentemente adoperate sono insoddisfacenti: corteccia granulare frontale, perché questa caratteristica citoarchitettonica è bene apprezzabile solo nei primati[2], e corteccia di associazione frontale, sia per il valore ambiguo del termine “associazione” sia perché, dovendo impiegare una metonimia fisiologica, l’attributo prioritario dovrebbe essere “motoria”. Una definizione per questa regione del pallio cerebrale di assoluto rigore anatomico e valida anche nella prospettiva degli studi comparati applica il principio di Creutzfeldt (1977), secondo cui la fisiologia delle regioni corticali può essere efficacemente compresa solo declinandola in termini di connessioni con altre strutture: si definisce corteccia prefrontale la parte della corteccia cerebrale che riceve proiezioni dal nucleo mediodorsale del talamo.

Secondo Fuster il ruolo fondamentale di questa regione cerebrale consiste nell’organizzare le azioni nel dominio temporale e tale compito di fondo conferisce coerenza e coordinazione alle azioni[3]. Se si accetta la tesi secondo cui tutte le funzioni corticali abbiano luogo sulla base di un sostrato di rappresentazione neurale, che si può considerare come una memoria strutturale di lungo termine costituita da elementi paradigmatici stabili e connessioni plastiche e dinamiche[4], il sostrato di rappresentazione della corteccia prefrontale deve essere costituito da reti di memoria esecutiva. Tali basi mnemoniche della specie e dell’individuo sono imprescindibili per pianificare e decidere, ossia per compiere due atti mentali di cruciale importanza e dipendenti dall’attenzione esecutiva.

Secondo Fuster l’attenzione esecutiva è composta da tre elementi critici: 1) working memory; 2) set preparatorio; 3) controllo inibitorio dell’interferenza[5].

In estrema sintesi concettuale si può dire che la corteccia prefrontale ha la funzione generale di coordinare le funzioni cognitive nell’organizzazione temporale del comportamento per l’ottenimento di uno scopo.

La base per l’elaborazione neuronica locale da parte della corteccia motoria si può descrivere come un microcircuito sviluppato verticalmente fra 5 strati interconnessi e caratterizzati da tipi differenti di cellule. Mediante un approccio strato-specifico e cellula-specifico, Peter McColgan e colleghi hanno interpretato dati e nozioni emersi dall’insieme di tutto il lavoro sperimentale finalizzato alla comprensione delle peculiarità che rendono i sistemi neuronici motori particolarmente vulnerabili, se non target specifici della neurodegenerazione. In particolare, gli autori della rassegna hanno integrato i dati fisiologici del microcircuito con quelli fisiopatologici delle malattie neurodegenerative che interessano particolarmente il versante motorio.

Questo metodo consente di associare la patologia del circuito motorio a specifici stadi evolutivi della malattia e a fenotipi clinici ben definiti. Basandosi sulla fisiologia del microcircuito, è possibile fare previsioni future circa la perdita di assoni e la disfunzione all’interno dell’unità neuronica estesa nello spessore di cinque strati corticali. Con le nuove tecniche UHRNT, ossia di neuroimmagine a risoluzione ultra-elevata, queste previsioni possono essere messe alla prova in vivo, nell’uomo, fornendo nuovi dati sulla patologia delle malattie neurodegenerative.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-27 giugno 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Cfr. Joaquin M. Fuster, The Prefrontal Cortex, Academic Press, San Diego 2015.

[2] Joaquin M. Fuster, The Prefrontal Cortex, p. 1, Academic Press, AP, Elsevier (Int. Ed.) 2008.

[3] Fuster J. M., The Prefrontal Cortex – un update: time is of the essence. Neuron 30, 319-333, 2001.

[4] Cfr. Giuseppe Perrella, Lezioni di anatomia funzionale del sistema nervoso centrale. BM&L-Italia, Firenze 2006-2009.

[5] Joaquin M. Fuster, op. cit. (2008), p. 4.